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Critiche

S.U., 7 Supplemento del Corriere della Sera , n. 14, giovedì 1 Aprile 2004

PostDateIconGiovedì 31 Gennaio 2008 00:34 | PDF | Stampa | E-mail

MACINA-GANG
Nel tempo ed oltre, cantando

"Ardito innesto di repertori tra l'agro-folk dei Macina e il combat-rock industriale dei Gang. E funziona pure."

S.U, Ai confini, 7 Supplemento del Corriere della Sera, n. 14, giovedì 1 Aprile 2004

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Edoardo FRASSETTO , RockeRilla , N° 284, Aprile 2004

PostDateIconMercoledì 30 Gennaio 2008 00:42 | PDF | Stampa | E-mail

MACINA-GANG
Nel tempo ed oltre, cantando

"Da tempo si parlava di questo disco che vede mescolarsi il sound elettrico e corposo dei Gang a quello acustico e tradizionale de La Macina, storico gruppo di ricerca nella musica popolare marchigiana, guidata dal cantastorie Gastone Pietrucci. "Nel Tempo Ed Oltre, Cantando" è un'opera importante di riscoperta di una tradizione contadina e popolare, ma soprattutto del valore di una cultura orale qui trasportata in canzoni, che mirano da una coralità di voci e di strumenti. E' un gioco di scambio di sonorità e di interpretazioni tra queste due formazioni, ma anche un atto di amicizia e di stima, la concretizzazione di un girovagare per l'Italia a suonare e a raccontare. Undici tracce, dodici brani tra i più significativi del repertorio di entrambe le band. Unica pecca forse la mancanza di un caposaldo come "Banditi Senza Tempo", un vero manifesto del pensiero dei Gang. Essere banditi come metafora di una vita contro, a scavare in profondità i canali di un'sistenza che spesso siamo costretti a deviare dal corso originario.
I Gang privilegiano canzoni dal tessuto sociale e politico, come la ballata "Sesto San Giovanni", le commoventi "La Pianura Dei Sette Fratelli", che si intreccia con "Stavo In Bottega Che Lavoravo", un inedito de La Macina, ed "Eurialo E Niso", uno dei più bei spaccati della storia della resistenza. Non mancano una versione dal grande impatto di "Le Radici E Le Ali" e "Kowalsky", brano denso di riferimenti e significati.
La Macina propone invece una repertorio che comprende una serie di canti tratti dalla tradizione orale cone "Caridà caridà Ssignora", travestito da scatenato pezzo rock, la filastrocca "Cioetta cioetta", in cui Marino Severini e Gastone Pietrucci dialogano al canto. "E' Ffinidi I Bozzi Boni", un canto di fine filanda. Preziose testimonianze che vanno gustate e custodite gelosamente".

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M. B. , Giornale del Popolo, 11 Ottobre, 1985.

PostDateIconMartedì 29 Gennaio 2008 16:53 | PDF | Stampa | E-mail

Con il gruppo marchigiano "La Macina"                                  Canti popolari tra rigore e passione

“[...] A Balerna, comunque, laleva la pena andarci, per vedere all'opera questo gruppo marchigiano che conduce ormai da anni la sua ricerca etnomusicologica sul campo, principalmente nell'area anconetana, andando alla riscoperta della cultura tradizionale orale contadina di quella regione. "La Macina" fa parte cioè, a pieno titolo, di quella compatta schiera di musicisti e ricercatori che - non solo in Italia - nella cultura orala cantata trovano un'inestimabile e illimitata, si può dire, fonte di ispirazione musicale. [...] Ma questo loro rigore non è ostentato, appare invece molto naturale, tanto da sembrare innato, così come la feschezza e la semplicità con le quali si presentano al pubblico. E “poveri” sono gli strumenti – organetto, fisarmonica, chitarra, tamburelli e la sgràciola, una specie di raganella gigante- ma la musica che ci fanno ascoltare è tutt’altro che povera, sa essere al contrario molto varia, nei tempi e nelle variazioni, e piena di “sound”. [...].

M.B., Giornale del Popolo, Quotidiano della Svizzera Italiana, Venerdì 11 Ottobre, 1985

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Oscar GROBETICH, dalla recenzione ad "Angelo che me l’hai ferito ‘l core…", Folk Bulletin, n. 9, Novembre, 1993

PostDateIconMartedì 29 Gennaio 2008 00:49 | PDF | Stampa | E-mail

" Questo giornale è da tempo un sotenitore di Gastone Pietrucci, della "sua" Macina, del "suo" Centro di Tradizioni Popolari. Ci sarà molto difficile essere obiettivi (ma è proprio vero che un giornale come il nostro deve essere obiettivo? E cosa vuol dire obiettivo?), però cercheremo nonostante tutto di esserlo. Presentato questa estate, durante il Festival di Monsano, nel cuore di quella provincia di Ancona che è da venticinque anni il territorio di ricerca e rivitalizzazione portate avanti da La Macina e da ancor più tempo ragione di vita di Gastone,  Angelo che me l'hai ferito 'l core... rappresenta certamente il punto massimo raggiunto dal gruppo marchigiano per quanto riguarda almeno le loro registrazioni.                                                

Dall'ormai lontano "Vene il sabado e vene il venere..." in poi, pur mantenendo un livello qualitativo pressocchè costante, i dischi de La Macina hanno sempre perso il confronto con le loro apparizioni dal vivo, quantomeno sul terreno della freschezza, del coinvolgimento emotivo, della capacità di comunicare. Questo ultimo lavoro ripaga della sua lunga attesa: senza voler per questo muovere alcun tipo di critica ai vari cantori e musicisti che hanno fatto parte in passato del gruppo, o ai membri attuali nelle loro precedenti registarzioni, possiamo ribadire il concetto che Angelo che me l'hai ferito 'l core... è il miglior disco de La Macina. Poggiare questa affermazione su rigorosi capisaldi e motivarla punto per punto o brano per brano è forse un esercizio inutile: certo è che appena inserito nel cassettino del lettore il CD (finalmente!) dalla bella copertina a fondo rosso e arrivate in cuffia le prime note della "title-track", ci sembra di essere lì seduti in prima fila a goderci un concerto dei quattro amici, di quelli nelle serate di miglior vena, in condizioni ottimali da ogni punto di vista.                                                        Quando poi inizia il secondo pesso "La va giù la va giù pe' sse contrade..."  la sensazione è ancor più rafforzata: ci sembra di immedesimarci nella scena riprodotta nella fotografia che illustra a pagina 6 (purtroppo solamente) il libretto del vinile; c'è un'energia, una carica vitale, una comprensione profonda del significato di quel che si sta facendo che certamente La Macina è riuscita stavolta a trasferire pienamente anche nella freddezza della sala di registrazione.                                                          Unica nota di relativa imperferzione del Compact è il fatto di essere AAD, ma non avrebbe potuto essere diversamente: sul supporto digitale ogni tanto qualche suono vocale "frigge" un pò. Ma la qualità delle voci e anche la maggior cura posta nella parte strumentale (sia negli arrangiamenti sia nell'esecuzione) compensano ampiamente il difetto .                                                                                                  Raccomandatissimo a tutti quelli che non hanno bisogno di trascinanti musiche per danza o di armonizzazioni estreme per apprezzare un lavoro discografico, a tutti quelli che amano il canto popolare, a tutti quelli che vogliono arricchire la propria discoteca con un lavoro fondamentale ".

Oscar Grobetich, Folk Bulletin, n. 9, Novembre , 1993, dalla recenzione al CD, La Macina, Angelo che me l'hai ferito 'l core..., 1993

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Umberto SAVOLINI , Corriere del Ticino, 12 Ottobre 1985

PostDateIconLunedì 28 Gennaio 2008 16:48 | PDF | Stampa | E-mail

La donna cantata da “La Macina”

“Un tempo la canzone popolare si faceva strada da sola, evidentemente, viaggiando da una regione all'altra al seguito degli eserciti, dei pellegrini e dei vagabondi. Fu così che "Donna Lombarda" arrivò fino nelle Marche, insieme alla "Cena della sposa" e ad altre acnzoni che il Gruppo di canto popolare La Macina ha presentato nei giorni scorsi a Balerna, Locarno e Acquarossa, e che questa sera saranno il tema di un concerto all'aula magna della Scuola Media San Giuseppe di Lugano                                                                            

Vengono dalle Marche questi quattro cantori-musicanti. […] I cantori scendono nella sala con tamburello, campanacci e sgràciola  (una specie di raganella in legno), e apostrofano il pubblico con preghiere e invettive […] Tutto il repertorio presentato […] è come imbevuto di quest’atmosfera festosa. Anche le canzoni meno ritmiche, come "La filanda" e "Monaca a faroza", ritrovano, nella loro vena melanconica, momenti di struggente tenerezza [...]                                                      L'allegria delle aie in festa esplode invece con "Catarinella", "Sei sorelle", "L'anatra", "Mariuccina". E i grandi spazi aprentisi davanti ai pastori riecheggiano nel canto spiegato del "Marito giustiziere" o dell' "Amante confessore".                                       E’ il rigore della ricerca e l’amore per tutto quanto è espressione popolare a creare, nel canto de La Macina, questa sensazione di grande attualità delle canzoni che propongono […] con le chitarre, la fisarmonica, l'organetto, i cembali e soprattutto le loro voci molto  curate.                                                                                                     La donna – anche qui – è il centro dei discorsi.  Sia che parli di se stessa lavoratrice in filanda o malmaritata, sia che la descrivino gli uomini.  Ancora una volta oggetto, nel canto contadino di allora come in quello industriale d’oggi.  lamentosa o fiera, sbertucciata o mitizzata. E a cantarla sono questi quattro figli delle Marche che della loro terra hanno conservato, con la “parlata” mitragliante degli scioglilingua, anche la poesia della semplice vita di un tempo [...]”.

Umberto Savolini, Corriere del Ticino, Quotidiano indipendente della Svizzra Italiana, Lugano, sabato 12 Ottobre, 1985

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