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Critiche

Roberto CASELLI, JAM , Viaggio nella musica , Anno XI, Numero 103, Aprile 2004;Anno XI, Numero 104, Maggio 2004

PostDateIconLunedì 28 Gennaio 2008 01:09 | PDF | Stampa | E-mail

 

Macina/Gang                                                                              Nel tempo ed oltre, cantando


Il sodalizio Macina/Gang era un progetto annunciato. Non solo perchè entrambe le formazioni sono marchigiane di origine e si sono entrambe occupate, sebbene su basi diverse, del recupero della tradizione, ma anche perchè Marino Severini era già intervenuto nell'ultimo disco della Macina dal titolo significativo Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto, cantando uno splendido pezzo La ballata del bandito Pietro Masi detto Bellente.

L'idea che ha dato origine a questo lavoro è molto semplice, si dovevano scambiare parti di repertorio da ricreare insieme influenzandosi a vicenda. E' così che Gastone Pietrucci si ritrova a cantare alcune delle migliori canzoni tratte dalla trilogia dei Gang, brani come Le radici e le ali, Kowalsky, La pianura dei sette fratelli, Sesto San Giovanni e Eurialo e Niso, mentre Marino si cimenta in Iside, Cecilia, Cioetta cioetta... e altro ancora.    Entrambe le voci contribuiscono a dare pecularietà ai pezzi che vengono riproposti in gran parte in chiave elettrica, ma con una strumentazione che non tradisce la filosofia originale che li ha generati. Sandro Severini si scatena con la sua chitarra e trova nella sezione ritmica di base un aiuto indispensabile che gli permette di ergersi con padronannza e creatività. La scelta di privilegiare un repertorio particolarmente attento al politico e al sociale permette ai pezzi rivisitati di acquisire ulteriore forza d'impatto e intensità di interpretazione. La voce epica di Pietrucci è perfetta per sottolineare gesta e sacrifici che caratterizzano buona parte delle canzoni.

Voto: 7,5
Perchè: Gastone Pietrucci e Marino Severini sono le due voci leader di questo riuscito sodalizio che si alternano con grande intensità in pezzi già sentiti nel repertorio dei Gang e della Macina. Musicalmente ci ha guadagnato l'intero repertorio.

Roberto Caselli, Jam, Viaggio nella musica,  Anno XI, Numero 103, Aprile 2004

 

 

Macina / Gang
Il sodalizio era nell'aria. I Gang avevano appena partecipato con una canzone, tra l'altro molto bella (La ballata del brigante Pietro Masi detto Bellente) alla realizzazione dell'ultimo lavoro della Macina, quel disco dal titolo lunghissimo e evocativo: Aedo malinconico ed ardente, fuoco ed acque di canto. C'era ormai da tempo il sentore di una collaborazione più strutturata.
"Siamo entrambi marchigiani e viviamo a pochi chilometri gli uni dagli altri", mi dice Gastone Pietrucci, leader storico della Macina, "c'è sempre stata stima reciproca e l'idea di una partecipazione la coviamo da tempo. Già al tempo de Le radici e le ali  Marino mi aveva telefonato per sapere se ero interessato a dare una mano al disco che avrebbe aperto la loro splendida trilogia, ma poi, chissà per quale motivo, non se n'era fatto niente. Ora finalmente siamo riusciti a realizzare un intero disco".
Il titolo del disco Macina/Gang prende spunto da un verso del poeta Alfonso Gatto, Nel tempo ed oltre, cantando, e propone una dozzina di pezzi scelti reciprocamente dai rispettivi repertori. "Il disco non è altro che la riproposizione di quello che stiamo già da tempo facendo insieme dal vivo", conferma Marino Severini. "Quello che ci unisce è la comune radice culturale e la stessa sensibilità nei confronti di un impegno civile e sociale che trova espressione in canti di lotta e resistenza, ballate che parlano di emigrazione e storie di dura vita quotidiana".
Le radici più tradizionali della Macina e quelle più progressive dei Gang non hanno creato alcun problema di integrazione, anzi i suoni acustici e elettrici sembrano compenetrarsi in modo decisamente armonico e stimolante. "E' stato un feeling naturale", continua Marino, "gli arrangiamenti sono nati da soli mentre si suonava; nessuno dei due si sente penalizzato dalla presenza dell'altro. Sandro si può scatenare con la chitarra elettrica e un attimo dopo lasciare emergere la fisarmonica o il mandolino senza che si creino interferenze sonore. Alla voce ci alterniamo io e Gastone e anche in questo caso mi sembra che le cose funzionino benissimo".
a scelta dei brani è caduta su alcune delle canzoni più note dei due gruppi, da una parte Le radici e le ali, La pianura dei sette fratelli, Kowalski e Sesto San Giovanni, dall'altra Stavo in bottega che lavoravo (l'unico pezzo che non era ancora stato inciso), Cioetta cioetta e Cecilia. "La scelta dipende in gran parte dal filo conduttore che i nostri spettacoli vogliono mantenere; sono canzoni di carattere sociale che mostrano come ci sia un sottile filo rosso che unisce i problemi nel tempo. Le canzoni della Macina derivano in gran parte dalla riscoperta quasi filologica di materiale tradizionale marchigiano che è potuto così essere strappato all'oblio, mentre le nostre raccontano di una realtà legata in gran parte al presente. Se si guarda attentamente ci si accorge che cambia il contesto temporale, ma le problematiche sono sostanzialmente le stesse".

Roberto CASELLI , JAM, Viaggio nella musica, Anno XI, Numero 104, Maggio 2004

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Alberto PIERUCCI, Il Resto del Carlino,19 Gennaio 1988; 8, Luglio, 1992

PostDateIconLunedì 28 Gennaio 2008 00:55 | PDF | Stampa | E-mail

Pienone” al Pergolesi per ascoltare i testimoni della tradizione popolare,

“Cinque minuti prima dell’ora prevista come inizio dello spettacolo, in piazza della Repubblica giungeva ancora gente diretta in Teatro per assistere alla presentazione dell’ultimo LP della Macina “Marinaio che vai per acqua…”, ma doveva poi tornarsene indietro perché di posti liberi non ce ne erano più; anche il loggione era gremito e nella stessa platea, addossate al muro, decine di persone si accontentavano di stare in piedi, pur di godersi il canto di questi bravi testimoni della tradizione popolare marchigiana.. […]                                                       

[...] Poi la Macina, composta di sette elementi, proponeva brani di canto popolare di varia estrazione, ma prevalentemente raccolti dalla preziosa testimonianza orale delle ultime ex “filandare” jesine, alcune delle quali erano presenti in sala. L’espressività, l’efficacia dell’esecuzione semplice e genuina, l’intelligenza interpretativa, sorrette sempre dalla sapienza con cui Gastone Pietrucci ricompone e dà nuova vita ai canti senza mai indulgere a tentazioni di spettacolarità gratuita, costituivano il pregio con cui sempre questo Gruppo imprime un significato di qualità al suo lavoro. A circa metà della serata si è provata una suggestione particolare nell’ascolto di “Bizzarro”, una specie di ballata in cui il fiabesco e il tragico si intrecciano al sentimento di amore, concludendosi con un elementare e consolatorio senso filosofico della vita. Gastone Pietrucci, interpretando da solo questo canto attinto nel cuore della provincia maceratese, ha dato un saggio di bravura, anche per l’efficacia della sua espressività drammatica […].

Alberto Pierucci, il Resto del Carlino, Martedì 19 Gennaio, 1988

 

 

"[...]  E poi le esecuzioni della Macina, sempre improntate da un intento di fedeltà e di scrupolosità filologica [...]. Un vero recupero delle radici popolari della nostra cultura [...] "

Alberto PIERUCCI, Il Resto del Carlino, 8 Luglio, 1992

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Manfred Baumann, Salzburg, 1996

PostDateIconDomenica 27 Gennaio 2008 01:14 | PDF | Stampa | E-mail

"[...] Il vostro concerto all' Hallein Folk Festival è stato un grande evento, veramente! [...]

Manfred Baumann, Salzburg, 1996

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Giuliano Grasso, dalla recenzione a “Io me ne vojo andà pel mondo sperso… , Folkgiornale, Anno II, Dicembre 1985

PostDateIconSabato 26 Gennaio 2008 01:23 | PDF | Stampa | E-mail

“Il secondo Lp della Macina, Io me ne vojo andà pel mondo sperso... , è un prodotto sicuramente positivo che consolida la simpatica raccolta nelle esibizioni dal vivo da parte di questo gruppo dedito ormai da molti anni alla ricerca ed alla riproposta della cultura orale marchigiana.                                                   E’ in dubbio che nel panorama revivalistico di oggi La Macina occupa una posizione abbastanza singolare, se non altro per essere uno dei pochi gruppi a imperniare la propria riproposta esclusivamente sul canto, nonché per la scelta del repertorio, abbastanza atipico, basato per una buona metà su canti rituali, cumulativi, filastrocche, scioglilingua etc (ascoltate a questo proposito la divertentissima Pipiccinterra maestro della terra).   

Chi ha avuto modo di apprezzare il primo lavoro (Vene il sabado e vene il venere…) troverà quindi una piacevole riconferma, essendo i due dischi perfettamente sulla stessa linea per quanto riguarda lo stile esecutivo e direi che il pregio maggiore sta nel fatto di essere soprattutto piacevole da ascoltare, essendo privo di quegli arrangiamenti ridondanti che solitamente celano l’insicurezza delle proprie doti vocali. Gradevole l’equilibrio tra i brani più trascinanti caratterizzati dall’aggressiva fisarmonica di Piergiorgio Parasecoli, e ballate soft molto dolci  anche se, a mio parere, un prolungato uso della chitarra tende a levigare un pò la libertà ritmica del canto popolare, fattore compensato peraltro con molta spontaneità dalla forza naturale delle voci di Gastone e compagni.         Difficile dare una preferenza sui brani, tutti molto interessanti; direi che vanno comunque segnalati lo splendido canto a vatocco La formiga che gira nel prado…, la Serenata d’apertura con l’essenziale e malinconica coda strumentale e la solenne Ninna nanna del venerdì santo.                                                       Preciso e misurato anche stavolta il libretto interno, a conferma della serietà del lavoro.

Giuliano Grasso, dalla recenzione a “Io me ne vojo andà pel mondo sperso… , Folkgiornale, Anno II, Dicembre 1985

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Alessandro TRAVERSO, il Giornale, 9 Gennaio, 1988

PostDateIconVenerdì 25 Gennaio 2008 01:28 | PDF | Stampa | E-mail

Sei voci dalle antiche Marche

“Una fisarmonica, un cembalo, due chitarre e un’ocarina da unire alla trama ritmica di timpani, tamburi, campanacci e sonagli. Con questa tavolozza folk “La Macina”, gruppo che si è esibito al Folkclub Ponte delle Gabelle, riporta alla ribalta il canto popolare marchigiano […].                                                                       [...]  Le sei voci di Amoreno Martellini, Claudio e Giuseppe Ospici, Piergiorgio Parasecoli, Gastone Pietrucci e Massimo Raffaeli, cantano, in questi giorni come cent’anni fa […]”.

Alessandro Traverso, il Giornale, Sabato 9 Gennaio, 1988

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Altri articoli...
  • Lucilla NICCOLINI, Corriere Adriatico, 5 Ottobre, 1986
  • da Il dizionario della canzone Italiana , Armando Curcio Editore, diretta da Enzo Arbore, 1991
  • Bruno Luminari, Corriere Adriatico , 8 Gennaio, 2002
  • Emiliano Coraretti , Musica di Repubblica , 4 Marzo, 2004; Victoria BECKHAM , Tracce, MUSICA di Repubblica, n° 417, 20 Maggio, 2004

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