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Critiche

Alessio SURIAN , il giornale della musica, Anno XXIV, n. 248 /maggio 2008

PostDateIconSabato 01 Marzo 2008 16:40 | PDF | Stampa | E-mail

in Italia quarant'anni di Macina       

 LA QUESTUA DEL CANTAMAGGIO                                  Gastone Pietrucci, voce storica del folk marchigiano, feseggia i quarant'anni della sua Macina e ci racconta la prossima rassegna di Morro D'Alba (Ancona)

G.PIETRUCCi con segone

Gastone Pietrucci è il fondatore e la mente de La Macina, gruppo simbolo del folk revival marchigiano che festeggia nel 2008 quarant'anni. Prallelamente, da anni Pietrucci porta avanti la trdaizione del Cantamaggio (Morro D'Alba, 16.17.18 e 31 Maggio) rassegna dedicata alla questua e ai canbti popolari ad essa comnnessi.

Come nasce l'idea di organizzare il Cantamaggio?

L'idea della festa del Cantamaggio di Morro D'Alba mi è venuta nel 1983, sull'esempio delle altre Rassegne sul canto rituale di questua della tradizione orale marchigiana che avevo già allestito a Monsano, per poi passare a Polverigi con la Passione e a Montecarotto per la Pasquella. La Rassegna dello Scacciamarzo, unico canto rituale infantile marchigiano, è a  Monsano dal 1988.

Qual è il rapporto fra Macina e Cantamaggio?

A partire da una nostra sollecitazione,  il Comune di Morro D’Alba ha accolto l’idea di organizzarlo , sulla scia  della Passione di Polverigi.

Come e quando nasce l’idea di organizzare il Cantamaggio?

L’idea della festa del “Cantamaggio” di Morro D’Alba mi è nata nel 1983, sull’esempio delle altre Rassegne sul canto rituale di questua della tradizione orale marchigiana che avevo già allestito a Monsano (dal 1974) per poi passare a Polverigi (dal 1985) per la “Passione” e a Montecarotto dal 1985 per la “Pasquella”. La Rassegna dello “Scacciamarzo” (unico canto rituale infantile marchigiano), lo organizzo a Monsano dal 1988.

Qual è il rapporto fra Macina e Cantamaggio? Come si sono aiutati a vicenda?

Il rapporto tra La Macina ed il Cantamaggio, è molto stretto. Praticamente dietro il nostro stimolo, il Comune di Morro D’alba ha accolto l’idea di organizzare la Festa del Cantamaggio, sulla scia del successo già consolidato da anni dall’altra Rassegna della Passione”di Polverigi. In tutte le Rassegne che organizza, La Macina  è servita come punto di riferimento. Per una ventina d’anni, ci siamo esibiti come “spalla” al gruppo musicale ospite, così da attirare più gente possibile e far scoprire altre realtà musicali. Ora che il pubblico è cresciuto, in tutti i sensi,  La Macina si limita soltanto ad organizzare e ad ospitare altre realtà. Ho introdotto nella Festa anche il rito dell’Addobbo da parte dei bambini della locale Scuola Materna, del Corteo e della “Piantagione” - in piazza , eseguito dai giovani del paese nel giorno della Festa - e del Rogo dell’Albero del Maggio nell’ultima notte del mese.

Come si è trasformato il Cantamaggio nel corso degli anni?

Il Cantamaggio non ha subito cambiamenti, nonostante inviti più o meno interessati nel corso degli anni ad aggiungere “novità” che nulla avrebbero aggiunto. La formula è sempre la stessa: al mattino, quando arrivano i gruppi di tradizione che arrivano, vanno a fare la questua, portando casa per casa  il canto augurale come si faceva anticamente, coprendo il territorio della campagna e del paese. Questa è la parte più importante ed affascinante, la meno evidente, più “nascosta” e sicuramente ostica da seguire: i gruppi hanno un preciso percorso, sparsi per tutto il territorio comunale. Nel pomeriggio, si svolgono le varie Rassegne,  curate dal sottoscritto, alla presenza di un pubblico, numeroso, attento e partecipe. Direi che a Morro D’alba, l’unica, importante novità è stata proprio l’inserimento, per la prima volta dal 2005, della Rassegna pomeridiana, sul palco centrale, mentre sino ad allora i Gruppi si esibivano in piena libertà, tra la gente.

Qualche ricordo particolarmente significativo?

Uno su tutti: l’aver fatto conoscere ed esibire i vari gruppi spontanei del Maggio di Fabriano, una delle scoperte più importanti di tutta la mia ricerca. Squadre di sei, otto “maggianti”, con un modo di suonare gli strumenti ad arco - tra l’altro costruiti dall’ultimo liutaio popolare di Fabriano, Ireneo Alberti, contadino, idraulico e liutaio per passione- completamente differente dall’impostazione classica. Prima di suonare, le corde dell’archetto dei violini e del “violone” (basso a tre corde, portato e suonato a spalla dal suonatore) vengono sfregate nella  pietra pomice, tanto che l’accompagnamento ne veniva stridulo, ma dolcissimo nello stesso tempo, evocatore di contesti arcaici ed orientaleggainti - come del resto il loro incredibile modo di cantare.. Una preziosa e strana “isola” questa di Fabriano, ben distinta dal resto delle Marche. Ed inoltre ricordo con piacere  l’incontro felice e l’esibizione spontanea ed inattesa ad uno dei “Concerti per il Maggio” di due tra le più grandi folk singer italiane, l’indimenticabile Caterina Bueno e Giovanna Marini con gli allievi della Scuola del Testaccio.

Prossimi progetti discografici ?

In occasione dei quaranta anni de La Macina, abbiamo un anno ricco  di progetti, di impegni  e di festeggiamenti. Intanto la preparazione del prossimo Monsano Folk Festival, (alla ventitreesima edizione), che passerà per molti luoghi  dove La Macina ha lavorato, ricercato, prodotto durante questi anni. Si intitolerà "I luoghi della memoria" e toccherà una ventina di Comuni dell’anconetano in cui La Macina si è esibita, e durerà eccezionalmente, per la prima volta, probabilmente dal 1 al 30 agosto. Poi registreremo e pubblicheremo il terzo volume della trilogia: “Aedo malinconico ed ardente, acque e fuoco di canto” : uscirà a fine anno con grandi ospiti della scena popolare italiana. Infine terremo il concerto-evento: “Un canto d’amore lungo quaranta anni” a novembre in Ancona, al Teatro delle “Muse”, dove La Macina festeggerà il suo anniversario, con tutti i grandi artisti che hanno partecipato e collaborato in questi anni ai suoi lavori discografici: Moni Ovadia, Giovanna Marini, i Gang, Rossana Casale, Riccardo Tesi, Fedrico Mondelci, Enzo Cucchi, Allì Caracciolo.

Alessio Surian, il giornale della musica, Anno XXIV, n. 248, maggio 2008

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Gastone VENTURELLI, dalla prefazione al libro "Cultura Popolare Marchigiana", 1985; dalla prefazione al disco, "C’era una volta Caterina nerina baffina de’la pimpirimpina…, 1986;

PostDateIconSabato 01 Marzo 2008 12:28 | PDF | Stampa | E-mail

"E' con viva soddisfazione che vedo realizzata e pronta per la stampa la raccolta di testi poetici popolari cui Gastone Pietrucci lavorava da anni con entusiasmo e competenza. E si tratta di una delle raccolte marchigiane più cospicue, se non addirittura la maggiore per numero di testi (sono infatti ben 633 documenti, con le loro varianti). Nel panorama marchigiano degli studi di letteratura popolare, la raccolta del Pietrucci lascerà certamente un'impronta e gli studiosi avranno d'ora in poi a disposizione materiali sicuri e ordinati, come raramente è avvenuto prima di ora per questa regione, che si dimostra ricca e vivace, ma che nonn ha avuto - a differenza di altre regioni itaaliane - da parte di studiosi e raccoglitori, le attenzioni che meritava e che merita.

Iniziata verso la metà degli anni Settanta, questa raccolta ci dà testimonianza di quanto nelle Marche sia ancora vitale il canto popolare; e una volta di più si ha la conferma di come sia stato e sia insensato l'atteggiamento di gran parte dei raccoglitori che sempre piangono sulle morte tradizioni e che spesso ci presentano i propri materiali come gli ultimi in senso assoluto di comunità in disgregazione culturale. Non è così fortunatamente e il Pietrucci ce lo dimostra per le Marche: vivissimi sono i canti lirici-monostrofici ( e vorrei sottolineare la gustosa e nutrita sezione degli stornelli licenziosi, spesso trascurati o censurati da quasi tutti i raccoglitori), ma ampia anche la raccolta dei cant narrativi (dalle ballate arcaiche di provenienza settentrionale, ai canti iterativi, fino ai più recenti componimneti dei cantastorie), numerosi i canti di accompagnamento ai rituali di questua (vera speciallità del Pietrucci, che da circa un decennio opera attivamente nella sua regione promuovendo ogni anno rassegne di Pasquelle, di passioni e di Maggiolate) e così via, fino alla poesia religiosa e a quei componimenti, a torto considerati minori, che con definizione pasoliniana chiamiamo "poesia folclorica".                                                                  Nella maggior parte dei casi questa raccolta ci presenta documenti già noti nella tradizione di altre regioni italiane, ma non sono assenti anche testi che, pur sicuramenti popolari, non hanno attestazioni extramarchigiane: e ciò a riprova, se mai ce ne fosse bisogno, della originale capacità cretaiva di questa nostra regione.                                                                           Gli anni Settanta sono stati caratterizzati in Italia da una viva attenzione verso il canto popolare (ma fino a che punto si trattava di uan moda?) senza tuttavia che si siano avuti contributi eccezionali sul piano teorico, senza nuove proposte filologiche e pur anche senza troppe raccolte ampie e ordinate come avavamo invece nel secondo Ottocento. Il contributo che oggi il Pietrucci ci offre [...], è, sul piano della ricerca sul campo, uno dei più seri e dei più cospicui".

Gastone Venturelli, Docente di Storia delle Tradizioni Popolari all'Università di Urbino e di Storia delle Lingua Italiana all'Università di Firenze. (dalla prefazione al libro di Gastone Pietrucci, "Cultura Popolare Marchigiana". Canti e testi tradizionali raccolti nella Vallesina, Jesi, 1985

 

                                             *  *  *

Il Gruppo di Canto Popolare “La Macina” è ora al suo terzo LP di musica popolare marchigiana. Si tratta di una delle formazioni folk più serie e più rispettose della tradizione autentica; e ciò si deve in gran parte al fatto che il ‘Gruppo’ si muove sulla base di quelle ricerche costanti e approfondite che Gastone Pietrucci, animatore ed egli stesso componente del ‘Gruppo’, va conducendo con successo, da almeno un decennio, nelle varie province delle Marche e dell’Umbria. A riscontro degli interessi scientifici con cui il Pietrucci conduce le sue ricerche sul campo, basterà ricordare il suo recente volume Cultura Popolare Marchigiana. Canti e testi tradizionali raccolti nella Vallesina, sicuramente la più ampia e organica raccolta di canti popolari che vantino le Marche.                                                            Dopo i due dischi Vene il sabado e vene il venere… e Io me ne vojo andà pel mondo sperso…, che offrono una panoramica del canto narrativo, del canto lirico e dei canti legati ai rituali di questua, ora “La Macina” ci presenta una serie di documenti (tre dei quali in edizione originale, riprodotti con la voce autentica dei portatori della tradizione) per lo più legati al mondo infantile: e sono conte, filastrocche, giochi cantati, ninna-nanne, favolette a formula e a chiapparello, con anche esempi di ballate e di canti iterativi arcaici, e con un pezzo raro e prezioso quale è Scacciamarzo, in una versione assai complicata e contaminata con le più note e diffuse Pasquelle dell’Epifania.

Gastone Venturelli, dalla prefazione al disco, La Macina, C'era una volta Caterina nerina baffina de' la pimpirimpina..., 1986

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Massimo RAFFAELI , dalla prefazione al CD, MACINA-GANG, "Nel tempo ed oltre, cantando", 2004;Francesco Scarabicchi , Il Messaggero , lunedì 1 marzo, 2004

PostDateIconVenerdì 29 Febbraio 2008 12:56 | PDF | Stampa | E-mail

Macina & Gang

"Che cosa tiene insieme, anzi lega in una intramatura che sembra naturale, un gruppo che interroga la matrice folclorica del proprio esser-ci e un altro che contamina la vocazione rock (l’archetipo dei Clash recepito nell’indigenza della Marca profonda) coi temi della passione politica e di una sussultante protesta libertaria? In altri termini, perché ad un certo punto di percorsi decisamente diametrali, la Macina di Gastone Pietrucci e i Gang di Marino e Sandro Severini si incontrano fino a scambiarsi sonorità, testi e voce?

Si direbbe che questo accada per una fatale convergenza di storia e geografia, cioè grazie al riconoscimento di due dimensioni adiacenti, reciprocamente pattuite, e sempre permutabili. Prima e dopo, qui e altrove, si spiazzano e nel frattempo si scambiano le parti per scoprirsi volta a volta il parziale desideroso di un totale, una metà necessariamente manchevole, una utopia (cioè il senso della vita compiuta, la pienezza dell’esperienza) che il proprio adempimento ha bisogno vicendevole di spazio e di tempo. Non a caso la parola-chiave della Macina è “radici” (il nero patema dei subalterni e degli sfruttati, i segni degli ammutoliti, nei secoli, da una dinamica di classe divenuta destino) mentre l’emblema dei Gang si riferisce alle “ali”, dunque alla prefigurazione della città futura, a un gesto di svincolo che sottragga il neoproletariato urbano alle catene e ai ceppi, spesso invisibili, su cui continua a buttare sudore e sangue, quando lo stato di cose presenti giunge a proclamarne inessenziale, addirittura inesistente, il suo essere espropriato/defraudato/alienato. Ecco sorgere il canto di questua, il lamento della malmaritata, il malinconico addio della stagionale filandara o il saltarello dirompente dentro un carnevale già ipotecato dalla quaresima, però tutti quanti tradotti nel combat-rock che esalta il vibrato vocale di Marino e la chitarra di Sandro, scoscesa e insieme lunare; ed ecco rispondere il dialetto dell’immigrato, l’urlo dell’operaio-massa, l’orgoglio o la nuda elegia del vecchio partigiano, ritrasmessi dalla partitura di Gastone, desolatamente spoglia e malinconica. Va da sé che Cecilia e Kowalsky, Monsano e Filottrano, la stazione di Bologna e il cielo sopra Bagdad, Mirafiori e Sesto San Giovanni, gli orizzonti dell’Adriatico e il reclusorio minorile del “Ferranti Aporti”, sono nient’altro se non i nomi e i luoghi d’un’umanissima e ormai atavica epopea, la stessa degli individui cancellati o rimossi, al passato, e di quelli perseguitati o emarginati, al presente. Down and out, come nel titolo di George Orwell, lì si collocano ora i referenti ora invece i destinatari della Macina e dei Gang: musica e parole per chi, letteralmente, viene buttato fuori dalla vita, per chi continua a guardarla da sotto.

Massimo Raffaeli, dalla prefazione al CD, MACINA-GANG, "Nel tempo ed oltre, cantando", 2004

                                           

                                          *   *   *

 

Alle Muse LA MACINA E GANG INSIEME "NEL TEMPO E OLTRE, CANTANDO" IL ROCK E LA TRADIZIONE NEL NUOVO CD PRESENTATO SABATO IN ANTEPRIMA
ANCONA - Nel tempo ed oltre, cantando  è una variante di una poesia di Alfonso Gatto, Nel tempo ed oltre, andando compresa in quel bellissimo libro del '66, La storia delle vittime . Credo che il profondo legame tra La Macina di Gastone Pietrucci, i Gang di Marino e Sandro Severini e Alfonso Gatto sia proprio, oltre il titolo del nuovo Cd presentato in anteprima nazionale sabato sera al teatro delle Muse di Ancona, nel sentimento della storia e dei vinti, in quel seguito che lungo il canale del tempo lascia i nomi perduti e salvati dalla pietà di una tradizione orale e dai versi che si incidono a memoria d’uomo per toccare il dolore e il sacrificio secondo una pronunzia apertamente politica e civile. Il concerto delle Muse dell'altra sera ha confermato che questa è la migliore stagione perchè avvenisse il miracolo di una fusione perfetta tra un gruppo di canto popolare che ha oltre 35 anni di vita pubblica e di ricerca e una banda rock che ha costruito la sua identità nel "sogno di una cosa", esule in viaggio nell'attesa del ritorno. Proprio in questa Italia perduta e "colpita al cuore" si alzano lingua e dialetto, le voci e le musiche che fondono tradizione e sonorità dolcissime ed aspre, clangore metallico ed echi antichissimi: "E' solo un sogno/che non riesco a catturare/è solo un sogno/ o qualcosa di più, in Kowalsky (1993).
Cantano alternandosi Marino e Gastone, scandiscono con il corpo i brani e le partiture, onde sinuose e passi impossibili da contare, colmando lo spazio del teatro sotto le luci calde e gelate di Allì Caracciolo, dopo l'assolo di Gastone (Le radici e le ali) a sipario tagliafuoco calato che lentamente sale rivelando i due gruppi.                                                                                  Un concerto di vibrazioni fisiche oltre che emotive, crescente, con un inizio perfino timoroso e poi una verticale e corale dilatazione di temi ed echi che scelgono l'adesione piena e senza risparmio del pubblico accompagnata dalla passione degli esecutori
: per la Macina, la chitarra, il mandolino e il canto esperti di Adriano Taborro e di Marco Gigli, la fisarmonica struggente di Roberto Picchio; per i Gang, la chitarra elettrica "maga" di Sandro Severini, la perfezione del basso di Francesco Caporaletti, della batteria di Paolo Mozzicafreddo, dell'organo e delle tastiere di Marco Tentelli.
Umanità umiliate e ferite della storia lontana e recente, dall'eccidio per mano fascista dei sette fratelli Cervi (28 dicembre 1943) alla strage di Bologna (2 agosto 1980), dalle lontane filandare jesine di E' ffinidi i bozzi boni al canto d'amore in ottava rima di Fra giorno e notte so' ventiquattr'ore, dalla neve rossa di sangue di Eurialo e Niso fino ai bis generosi che hanno contemplato fra l'altro, il bellissimo Sotto la croce Maria
e Bandito senza tempo.                                                             Anche il teatro ha finalmente abbandonato, per alcune ore, una solennità paludata accendentosi e restituendosi alla sua vocazione popolare."

Francesco Scarabicchi, Il Messaggero, 1 Marzo 2004

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Tradition Vivante n.8, Avril-Juin 1986 ; n.7, Janv-Mars, 1988

PostDateIconGiovedì 28 Febbraio 2008 13:04 | PDF | Stampa | E-mail

La Macina                                                                               "Vene il sabado e vene il venere..."                                        Le premier disque de La Macina.

"Ce groupe de quatre chanteurs/musiciens collecte et interpète les chants populaires de la région des Marches dans l'est de l'Italie [...] Il este consacré aux chansons de la région autour de la ville d'Ancòne.  Parfois tendre et triste, mais plus souvent gaie et déchainée, La Macina présente ici un programme varié de ballades, chants à danser, chants rituels ou comiques et chants de travail.  L'istrumentation est simple - percussions, guitare et accordéon chromatique - et la force de ce groupe réside principalment dans le voix et dans le dynamisme de ses membres. Ils chantent naturellement sans artificie, on dirail méme qu'ils "gueulent" sur les chants à danser, le saltarello par exemple ou "La Pasquella", un joyeux chant de quète. Mais la Macina a son còté calme: "Monaca a forza" un beau chant narratif accompagnè avec gout à l'accordèon et la magnifique "Il Marito Giustiziere", una vielle ballade dotèe d'une mèlodie exceptionelle. L'humour ne manque pas... La valse "Risaltato"  est accompagnèe d'un monologue à cent à l'heure - une technique traditionelle? N'importe, leffet est comique mème si on ne comprend pas un mot.  La pochette est belle et le disque est accompagné d'un livret illustré de 12 pages avec notes et tous le textes.  Du bon travail                                                                                 

Tradition Vivante, n. 8,  Avril- Jun, 1986

La  Macina                                                                                   "Io me ne vojo andà pel mondo sperso..."  

"Un des aspect  les plus intéressants aujourd'hui dans la discographie italienne, est qu'elle nous offre un échntilonnage de groupes, fort diversitiè. Notre voyage italien se poursuit donc dans ce numéro en compagnie d'un groupe nous vient d'une région centrale d'Italie "Les Marches" [...]                                [...] Les 5 musiciens de la Macina nous présentent un répertoire bien différent des divers groupes italiens [... ] Ici le chant est le point fort du gruepe, avec de belles chansons comme notamment "Cecilia" [... ]  ou ancore "Il falso pellegrino" - Une vieille ballade du XVI siecle, ainsi que la magnifique sérenade - Serenata - à la saveur mystereuse accenluée par le jeu délicat de l'accordéon(iste). Mais La Macina nous propose également des danses endiablées - Saltarello - (danses typiques de l'Italie Centrale et des "Marches" en particulier) au rythme de l'accordéon, des guitares battentes, des cembalo et timpani (percussions). Par exemple le morceau qui porte le titre de l'album est constitué par una suite de couplets chantés sur le rythme d'une "saltarello". [...]                                                     [...] Alors, si vous cannaissez la Ciapa Rusa, Tesi etc. écoutez la Macina, car ce groupe mérite notre respect par son travail honnéte, authentique et enrichissant de prèservations de la musique traditionelle des "Marches ". Et puis le disque est bien présenté avec son livret riche d'informations et également une introdution de Giovanna Marini.                                         Tradition Vivante, n. 7, 1988

Commenti (1)
 

Guido GIAZZI, BUSCADERO , Recenzioni rock, N° 256 Aprile 2004, Anno XXIV

PostDateIconMercoledì 27 Febbraio 2008 13:15 | PDF | Stampa | E-mail

MACINA/GANG                                                                         Nel tempo ed oltre, cantando  - Storie di Note

"Prima di tutto un plauso all'etichetta indipendente Storie di Note che dimostra negli anni come le idee chiare, anche in un mercato discografico asfittico come quello italiano, possano portare a buoni risultati qualitativi ed economici.
La piccola etichetta viterbese, lontana dai circuiti battuti dalle major, è oggi un faro per molti artisti italiani e la sua scuderia diventa ogni anno sempre più ricca di personaggi importanti.
Oggi dedichiamo il nostro spazio ad un bellissimo album che vede il sala di incisione il gruppo folk marchigiano dei Macina, guidato dal cantastorie Gastone Pietrucci, nella reinterpretazione di alcune tra le più famose canzoni scritte dai corregionali Gang dei fratelli Severini.                                          

I Gang, scottati e distanti dal music business italiano, meritano una posizione di riguardo nella piccola storia musicale del nostro Paese. L'abbandono della lingua inglese e conseguentemente il rischio di diventare una cover band dei Clash, la ricerca sonora giocata su un rock aggressivo e su tematiche sociali e politiche, sono un chiaro esempio di nuovo folk popolare.
Con i Gang la musica italiana ha ripreso a parlare un linguaggio dimenticato: la storia del nostro Paese, la Resistenza, gli operai, la fabbrica, il mondo del lavoro, le politiche sociali, i Paesi poveri in costante ricerca di sviluppo, il razzismo, la violenza nelle hinterland metropolitane...
Questi ed altri temi Marino Severini ha raccontato nelle sue canzoni e questo giustamente è stato ripreso da Pietrucci nel riproporre i brani dei Gang come repertorio classico affiancandolo a vecchie canzoni popolari marchigiane.
Fa un certo effetto risentire i brani composti da Severini e Bubola, interpretati da par suo da Gastone Pietrucci. Ed è interessante come canzoni quali Eurialo e Niso (una delle più belle canzoni italiane dedicate alla Resistenza) Kowalsky o Sesto San Giovanni abbiano in queste nuove versioni, un tocco di classicità, un arricchimento emotivo.                                          Se i Gang in questi anni abbiamo avuto modo di conoscerli bene, il gruppo Macina, da più di trentacinque anni sulla breccia - è stata per noi una sorpresa.  I Macina sono una band di musica popolare caratterizzati da una ricca strumentazione: nei loro brani troviamo oltre la chitarra e il tamburo (che fa da base ritmica) anche la fisarmonica (non poteva mancare in una band marchigiana) il cembalo e il mandolino. Bellissima è la loro versione di Cecilia (Nigra 3) una storia dark italiana di fine secolo dalla tematica cara a Nick Cave. La canzone narra la storia di una donna che per salvare il proprio marito si concede ad un altro uomo. Il marito, nonostante il sacrificio della donna, verrà giustiziato e la donna perderà l'onore. Oltre al tema doloroso va sottolineato il poetico testo cantato in dialetto marchigiano, ricco di apostrofi e di parole tronche.
Un album che potrà piacere ai fans dei Gang e a tutti quelli che seguono con interesse le vicende della musica popolare italiana.

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Altri articoli...
  • A. Maria Casavola, Alta Fedeltà, n. 3, Marzo 1983; Mario Colangeli , Radiocorriere TV, n. 12, 21 /27 Marzo, 1982;);. Giancarlo Nostrini , FolkGiornale, Anno I, n. 3, 1983; dalle recenzioni al disco "Vene il sabado e vene il venere… ", 1982.
  • Fabio BRISIGHELLI , Corriere Adriatico,26 Gennaio 1999; 4 Maggio, 2003; 1 Marzo 2004; 12 Giugno 2006
  • Franco Luca’ , FolkNote, Torino, 1986 ); Giugno in Cascina, Torino, 25-28 Giugno 1987
  • Roberto Cimetta, il Resto del Carlino, Domenica 23 Luglio, 1978

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