Gino FERRO , Venezia, 7 Aprile 2009,

A PROPOSITO DELL'ULTIMO LAVORO DE LA MACINA:

GIORGIO CELLINESE-LA MACINA                                          JEMECE A FFA' UN SONNELLINO IN FONDIO ALLO STAGNO" (Ricordi e tradizioni popolari atriane della famiglia Cellinese). Libro con Cd allegato (MCM-records-050-W10-2008)

 

"[...] Un grazie di cuore a Giorgio per il dono molto gradito (libro con cd allegato: Jemece a ffà un sonnellino in fondo allo stagno"). Ho ascoltato con emozione la sua voce che interpreta i canti e le favole della sua terra, riuscendo a narrarre l'epopea della sua infanzia, come luogo della memoria perduta e ritrovata, capace di restituire nella sua interezza quel mondo primigenio che ciascuno di noi si porta dentro durante tutta la vita.

I testi sono sempre qualcosa di inerte. Essi vivono solo quando vengono letti, interpretati e animati dalla voce. Un fatto, un ricordo, un volto devono essere nominati per uscire dal silenzio e dall'ombra. La rievocazione di Giorgio si sviluppa tra l'incanto della dolcezza della memoria e la concretezza di un brano di storia personale ancorato ad un preciso contesto storico-culturale.                                                                                   Per la nostra generazione la fine dell'infanzia ha coinciso con la fine di un mondo, di un paesaggio, di una cultura. Nel giro di pochi decenni tutto è stato travolto ed annullato. Mi chiedo molte volte quanti di noi hanno saputo affrontare con equilibrio questo passaggio da una civiltà contadina ad una civiltà tecnologicamente avanzata la cui omologazione totalizzante ha annullato ogni differenza ed ogni identità.                                Per chi come noi ha imparato a parlare usando il dialetto, solo l'uso di questo strumento linguistico consente un'adesione immediata e profonda ad un mondo che sentiamo unico ed originale.                                                                                    Da qui deriva, io credo, quel clima incantato e sognante che avvolge questo lavoro in cui tutto diventa levità e simbolo. la forza emotiva di questi testi risiede nella loro capacità di dare concretezza visiva e sonora ad un paesaggio dell'anima e della memoria.                                                                                      E in questa lettura ed in questo ascolto ho ritrovato anche una parte di me stesso.                                                                   Mai come in questo momento c'è bisogno di poesia. Mala tempora currunt! Siamo governati da un guitto da avanspettacolo di periferia. E' una vera e propria catastrofe estetica, prima che morale ed istituzionale. Raccogliamo le forze ed aspettiamo che passi la 'notte'.                                                                           Un abbraccio a tutti e due, con affetto.                                   Gino".

Gino FERRO, da una lettera a Gastone Pietrucci, Venezia, 7 Aprile 2009.