MICHELE L. STRANIERO, TV Sorrisi e Canzoni, n. 47 -22/28 .XI. 1981; dalla prefazione al disco, "Vene il sabado e vene il venere…", 1982;Avvenire, 1985; La Stampa, 16.V.1987;Giornale della Musica, n. 105.V.1995

Vari articoli di Michele L. Straniero su La Macina, a partire dal primo, apparso su TV Sorrisi e Canzoni (n. 47 del 22/28 Novembre, 1981), un'intera pagina della rivista, nella Rubrica, L'Italia che sorride ; la prefazione al primo disco de La Macina, Vene il sabado e vene il venere..., del 1982;  un articolo su l'Avvenire, n. 259, 16 Novembre, 1985; un altro articolo sull'inserto de La Stampa, TuttoLibri, del 16 Maggio, 1987; ed infine l'articolo, La Macina marchigiana, su il Giornale della Musica, n. 105, dei Maggio, 1995.

“Monsano è un piccolo paese delle Marche che, posato sopra un colle a quasi duecento metri di altitudine, pochi chilometri all’interno, sulla sinistra del fiume Esino, nel territorio di Ancona. […]E sulla cima del colle, in un’incantevole cornice di ulivi, sta una chiesetta di pietra del XII secolo intitolata […] a “Santa Maria degli Aroli”. […] Siamo venuti in questa chiesa, una bella domenica dello scorso ottobre, invitati dai ragazzi del Gruppo di Canto Popolare “La Macina”, i quali vi dovevano tenere un concerto di canti tradizionali della cultura orale marchigiana. Erano le dieci del mattino, e i tre della Macina – Giuseppe Ospici, Piergiorgio Parasecoli e Gastone Pietrucci, infaticabile ed entusiastico organizzatore e ricercatore del Gruppo – si accingevano alle ultime prove coi loro strumenti di musicisti contadini, che avevano deposto ai piedi dell’altare, come il “giocoliere della Vergine” di cui narrano antiche leggende […] Il titolo che quelli della Macina hanno dato al loro concerto è il primo verso della prima canzone che eseguiranno: “Io me ne vojo andà pel mondo sperso…” […] Ed ecco, snocciolate con bella freschezza nonostante l’ora mattutina, le altre perle del programma […] Mentre i ragazzi della Macina suonano e cantano […] dalla porticina rimasta semiaperta s’intravede fuori, nel chiarore mistico del mattino vagamente soleggiato e nebbioso, il boschetto degli ulivi; e si capisce di colpo come in questa luce e in questa pace laboriosa fra’ Giordano abbia potuto udire il richiamo della Vergine e vederla assisa sull’altare, che gli ordinava con ostinata pazienza di parlare a suo nome a certi “massari” duri di cuore… Con questa luce soffusa, tra questi alberi incantati, diventa “normale” ogni possibile miracolo.”

Michele L. Straniero, L’Italia che sorride, TV Sorrisi e Canzoni, n. 47, 22-28 Novembre, 1981

 

E’ BUONA LA FARINA SE LA MACINA E’ BUONA

Con Pietrucci e i suoi, quando ci vediamo è sempre festa, magari insieme a una filza d’altri amici che saltan fuori all’ultimo scovati chissà dove, o davanti ai calici generosi di Gualberto Gualerni, un prete “sui generis”, amico, conterraneo e ammiratore del gruppo: sostenitore, anzi. Da cosa nasce quest’entusiasmo, questa letizia piena di fervore? Anzitutto dall’amicizia che lega tra loro tutti i componenti della Macina e che si allarga ai compaesani trasferiti a Milano, e poi, contagiosa, a tutti quelli che prima o poi vengono in contatto coi “ragazzi” (beh, ragazzi ormai trenta e quarantenni, ma non li dimostrano quasi!) di Monsano e di Jesi. Poi, dall’entusiasmo evidente, pieno di contenuto fervore, che li anima tutti, e specialmente quel Gastone al quale il gruppo fa capo e riferimento, giacchè è lui che si occupa della ricerca “sul campo”, dello studio e della comparazione sui libri, e quindi della messa a punto e della buona riuscita e propagazione degli spettacoli. E’ una gioia e un motivo d’orgoglio, per noi, sentire Pietrucci che racconta di essersi accostato e poi entusiasmato al canto popolare assistendo, nel lontano 1964, alla presentazione del concerto di “Bella ciao” al settimo Festival dei Due Mondi di Spoleto: questi sono proprio i continuatori, i discepoli, i “figli” giusti che uno può desiderare nel nostro lavoro. E Gastone, Claudio, Giuseppe, Piergiorgio, hanno la prospettiva giusta: si sono dedicati a questo lavoro con una bella umiltà e pazienza, e adesso, dopo una storia lunga di un bel po’ di anni, meritano di essere presentati al pubblico più vasto del mercato discografico: perché si senta che anche del loro impegno vive e vibra una stagione presente della musica popolare, alla quale molti – troppi – avrebbero voluto intonare da tempo il “miserere”, mentre sarà essa che li seppellirà.

Michele L. Straniero, dalla prefazione al disco, La Macina, Vene il sabado e vene il cenere, 1982

 *** PREMIO DELLA CRITICA DISCOGRAFICA ITALIANA, 1982

 

"La macina è quella che adoperano i contadini per schiacciare il frumento o per premere l'olio, uno strumento primordiale che si radica nella notte dei tempi. E' per questo che i componenti del gruppo di ricerca e di canto diretto da Gastone Pietrucci ne hanno fatto il loro simbolo e si son voluti chiamare così: Gruppo di canto Popolare La Macina. [...] La Macina ha già inciso due dischi: il suo secondo "Io me ne vojo andà pel mondo sperso" porta una vivida presentazione scritta da Giovanna Marini [...] Nel bel disco, lontanissimo da San Remo (inteso come Festival) si apprezzeranno tra gli altri brani alcune chicche del Nigra emigrate in Italia Centrale, come "L'amante confessore" e l'immortale "Cecilia", oltre al "Cantamaggio" e ai dovuti "Saltarelli" locali. Dentro la busta, un ricco fascicolo con testi e note [...]

Michele L. Straniero, Profumano di campo queste canzoni, recenzione al disco, La Macina, Io me ne vojo andà pel mondo sperso... , 1984, Avvenire, Anno XVIII. N. 259, 16 Novembre, 1985

 

“I dischi indirizzati al mondo infantile sono – nel nostro Paese – rari e deludenti: tavolette, ideuzze, scopiazzamenti e ricalchi televisivi di nessun interesse artistico né pedagogico. Con tanta maggior gioia e sorpresa si dovrà perciò salutare questo insperato LP pubblicato per la Madau Dischi dal Gruppo di canto Popolare “La Macina”, fondato e diretto con amore e passione dal marchigiano Gastone Pietrucci.                                      Pietrucci è un “vecchio ragazzo” abitante a Monsano, il quale si innamorò dei canti popolari assistendo,nell’ormai lontano 1964 alle rappresentazioni di “Bella Ciao” nell’ambito del VII Festival dei Due Mondi a Spoleto. Da allora non ha più mollato il suo osso, e pur continuando a lavorare […] si è laureato con lode in Tradizioni Popolari discutendo col Professor Gastone Venturelli una tesi sulla “Letteratura tradizionale orale marchigiana e spoletina” di recente pubblicata in un ponderoso volune […]. Orgoglioso del proprio discepolo, Gastone Venturelli ha voluto scrivere una presentazione per questo suo disco, il terzo Lp di musica popolare al quale mette mano il Pietrucci coi suoi bravi amici. "Si tratta - assicura il professore - di una delle formazioni folk più serie e più rispettose della tradizione autentica; e ciò si deve in gran parte al fatto che il Gruppo si muove sulla base di quelle ricerche costanti e approfondite che Gastone Pietrucci va conducendo con successo da almeno un decennio nella varie province delle Marche e dell'Umbria […]”

Michele L. StranieroGiochi in forma cantata, recenzione al disco , La Macina, C'era una volta Caterina nerina baffina de'la pimpirimpina..., 1984,  La Stampa, Inserto Tuttolibri, Anno XIII, n. 551, 16 Maggio 1987

 

"Un quarto di secolo di attività, sette LP all'attivo e una miriade di concerti, ricerca sul campo, riproposta calendariale fedelmente ripresa a ogni stagione [...] e altro ancora (come lo splendido volume "Cultura Popolare Marchigiana"): sono questi i titoli che fanno del Gruppo "La Macina"[... ] non solo uno dei più longevi, ma anche uno dei più attivamente fecondi operanti nel Paese [...] Ma la caratteristica saliente del Gruppo è il suo diretto contatto con la ricerca di base, documentata ora dall'ultimo disco "Canti rituali di questua della tradizione orale marchigiana", a cura di Gastone Pietrucci, il quale ne ha fatto il solito gioiello filologico[... ]come sempre un lavoro esemplare".

Michele L. Straniero, La macina marchigiana, Giornale della Musica, n. 105, Maggio, 1995