Giuliano Grasso, dalla recenzione a “Io me ne vojo andà pel mondo sperso… , Folkgiornale, Anno II, Dicembre 1985

“Il secondo Lp della Macina, Io me ne vojo andà pel mondo sperso... , è un prodotto sicuramente positivo che consolida la simpatica raccolta nelle esibizioni dal vivo da parte di questo gruppo dedito ormai da molti anni alla ricerca ed alla riproposta della cultura orale marchigiana.                                                   E’ in dubbio che nel panorama revivalistico di oggi La Macina occupa una posizione abbastanza singolare, se non altro per essere uno dei pochi gruppi a imperniare la propria riproposta esclusivamente sul canto, nonché per la scelta del repertorio, abbastanza atipico, basato per una buona metà su canti rituali, cumulativi, filastrocche, scioglilingua etc (ascoltate a questo proposito la divertentissima Pipiccinterra maestro della terra).   

Chi ha avuto modo di apprezzare il primo lavoro (Vene il sabado e vene il venere…) troverà quindi una piacevole riconferma, essendo i due dischi perfettamente sulla stessa linea per quanto riguarda lo stile esecutivo e direi che il pregio maggiore sta nel fatto di essere soprattutto piacevole da ascoltare, essendo privo di quegli arrangiamenti ridondanti che solitamente celano l’insicurezza delle proprie doti vocali. Gradevole l’equilibrio tra i brani più trascinanti caratterizzati dall’aggressiva fisarmonica di Piergiorgio Parasecoli, e ballate soft molto dolci  anche se, a mio parere, un prolungato uso della chitarra tende a levigare un pò la libertà ritmica del canto popolare, fattore compensato peraltro con molta spontaneità dalla forza naturale delle voci di Gastone e compagni.         Difficile dare una preferenza sui brani, tutti molto interessanti; direi che vanno comunque segnalati lo splendido canto a vatocco La formiga che gira nel prado…, la Serenata d’apertura con l’essenziale e malinconica coda strumentale e la solenne Ninna nanna del venerdì santo.                                                       Preciso e misurato anche stavolta il libretto interno, a conferma della serietà del lavoro.

Giuliano Grasso, dalla recenzione a “Io me ne vojo andà pel mondo sperso… , Folkgiornale, Anno II, Dicembre 1985